Il Cervo e la Pantera
- Silvio Di Virgilio
- 1 ago 2020
- Tempo di lettura: 9 min
Aggiornamento: 7 ago 2020
Dedicato a Matilda. Che tu non possa mai smettere di sognare.
C’era una volta un grande Cervo.
Non era un cervo normale, come quelli che si possono trovare nei boschi di alta montagna o nelle foreste di aceri centenari in Canada o in America.
No. Questo era un Cervo fatto di acciaio ed aveva occhi di cristallo cangiante.
Non un cervo comune quindi, di quelli che si trovano sulla Terra.
Difatti, il Cervo d’acciaio dagli occhi di cristallo viveva, come tutti gli animali simili a lui, nella città del “Non-É-Ancora-Successo-E-Mai-Accadrà”.
La città di Nèasema per dirlo con il suo nome comune.
Trovarla non è facile: è nascosta agli esseri umani.
Per darvi un'idea del dove si trova dovreste girare su voi stessi per dieci volte, ad occhi chiusi, a mezzanotte, su di una spiaggia durante il solstizio d’estate e poi guardare in alto verso la prima stella luminosa che vedete.
Contate poi tre stelle a sinistra e due in basso e se non l’avete ancora trovata potete chiedere a qualcuno della zona perché sarete sicuramente nei pressi di Nèasema...per darvi un’idea di quanto sia difficile individuarla per il genere umano!
Come avrete capito tutti gli abitanti di Nèasema sono speciali: lì vivono animali di tutte le razze, forme, specie e dimensioni che sono vissuti e che mai vivranno.
Sono tutti fatti di materiali e metalli particolari, sanno tutti parlare e tutti, chi in un modo chi in un altro, contribuiscono a dare qualcosa di bello all’umanità. Ognuno secondo la propria propensione ed area di influenza.
Qualcuno è specializzato nei sogni vividi, quelli che si fanno cinque minuti prima che suoni la sveglia e che non finiscono mai ma lasciano un sorriso sulle labbra di chi li fa.
Qualcun’altro è bravo nelle idee per i regali di compleanno, lauree, onomastici e occasioni speciali, quelle idee che quando arrivano risolvono la situazione con grande sollievo del gruppo di amici di turno pronti all'ennesimo buono regalo.
Altri ancora sono dei maestri nell’inviare le frasi giuste per biglietti, dediche, messaggi, poesie e pensieri di sorta.
Con l’arrivo delle chat questi ultimi animali sono molto richiesti.
Ce n’è per tutti i gusti.
Il nostro Cervo d’acciaio, come quasi tutti i suoi simili ruminanti metallici, lavorava nella Sezione Idee Regalo, Dipartimento oggetti Tecnologici.
Ed era uno bravo nel suo lavoro, uno dei più in gamba. Ammirato dai suoi colleghi sia per il suo bell’aspetto che per la sua bravura nel fornire agli uomini delle ottime dritte sui regali da fare in ogni occasione.
Fu proprio a metà di una di queste giornate di lavoro, durante la pausa pranzo, che il nostro Cervo si stava abbeverando al ruscello di pura acqua di cometa che passa al centro della Città di Nèasema.
Si avvicinò al corso d’acqua con fare maestoso calando la grande testa con i suoi magnetici occhi di cristallo verso il flusso di liquido chiaro per dissetarsi.
Quand’ecco che notò un riflesso nell’acqua fresca. Alzò la testa, e la vide.
Poco oltre, sul bordo opposto del ruscello, c’era una magnifica Pantera di Ossidiana che lo guardava con occhi neri e scintillanti come il suo manto, oscillando la sua lunga coda in modo magnetico.
Ora dovete sapere che non c’è violenza nella città di Nèasema: tutti gli animali convivono pacificamente e sono tutti troppo impegnati nei propri affari per darsi la caccia. Per tradizione però gli erbivori ed i carnivori vivono in aree separate della città e non si frequentano se non per poche festività all’anno.
Ciononostante i due animali restarono lì, fermi a lungo, a rimirarsi, finchè il Cervo d’acciaio dagli occhi di cristallo non ruppe il silenzio con un perentorio: «Buongiorno!»
La Pantera gli sorrise da lontano. Spiccò un balzo plastico con i suoi muscoli di pietra nera e gli arrivò accanto «Buongiorno a te» mosse leggermente i lunghi baffi fatti di filamenti scuri e sottili girandogli intorno con movenze feline.
Tanto bastò per far capire ai due quanto si piacessero.
Il Cervo infatti era una gran bella bestia: imponente, alta e slanciata come i suoi antenati delle pianure dell’antica Europa, fatta di metallo lucente e forte come solo l’acciaio purissimo poteva essere.
Aveva inoltre la particolarità di avere occhi di Cristallo chiaro e mutevole come le nuvole d’estate. Era una caratteristica unica tra i suoi simili che invece avevano gli occhi dello stesso materiale del proprio corpo: rame, alluminio, argento o tungsteno a dir si voglia.
Quegli occhi che così spesso avevano fruttato al Cervo complimenti ammirati, mettendolo un po’ in imbarazzo.
La Pantera d’altro canto era una delle più belle tra i felini della città, con forme spigolose e dure, come intagliate da qualche mano arcana che comunicavano una bellezza selvaggia.
Il materiale del suo corpo, dalla punta della coda fino alla cima delle orecchie, era lavorato in un modo così sapiente che la luce che si rifrangeva sulla sua superficie a volte veniva riflessa completamente mentre altre veniva assorbita come da un buco nero.
I suoi occhi inoltre erano di un nero quasi liquido, con riflessi del cielo stellato, che faceva immaginare profondità di forza e dolcezza uniche ed introvabili.
Una bellezza dicotomica unica.
Fu quindi normale che i due animali si sentissero subiti attratti l’uno dall’altro.
Cominciarono a parlare delle loro passioni, del loro lavoro, del loro cibo preferito, della città di Nèasama e di mille altri argomenti.
La Pantera raccontò al Cervo come fosse da poco diventata la Responsabile del Dipartimento per le attività Culturali all’aria aperta, Sezione Sport Antichi.
“Del tutto normale per una bestia predatrice di una bellezza ed intelligenza senza tempo come questa” pensò il Cervo interessato.
Le osservazioni del Cervo circa il lavoro e le passioni di lei affascinarono la Pantera che d’altro canto aveva trovato difficoltà a scovare animali di una così spiccata intelligenza ed arguzia tra i suoi simili predatori del Dipartimento per le attività Culturali all’aria aperta.
Parlarono per ore ed il tempo volò via.
Giunse la sera ed i due animali, entusiasti di aver trovato un compagno di chiacchiere tanto interessante, si ripromisero di incontrarsi il giorno dopo nello stesso punto.
Nacque così un’amicizia che li vide sempre più spesso insieme.
Si frequentarono passeggiando lungo il ruscello. Si incontrarono sotto il cielo stellato, quando la Terra è ben distinguibile nella volta celeste di Nèasema.
Andarono persino a fare passeggiate sulle colline che fanno da bordo esterno alla città, oltre le quali il nero ed il vuoto dello spazio infinito cingono il regno di questi animali fantastici come l’abbraccio di un amante.
Diverse volte vennero visti insieme ognuno sul posto di lavoro dell’altro, intenti a commentare le proprie attività. Ognuno interessato ed eccitato delle passioni e della vita dell’altro.
Gli altri animali li guardavano preoccupati: non era usuale che un predatore, un Felino della stirpe di Pietra frequentasse un Erbivoro dal Manto Metallico. Nemmeno uno con gli occhi di cristallo faceva eccezione.
«Stai attento, carissimo Cervo» disse un giorno l’Orso di Rame, amico dell’erbivoro «Stai attento, perchè nulla di buono può nascere da una simile amicizia. Ricorda: la pietra può essere affascinante, con sfumature calde e belle. Ma è dura, rigida, spigolosa, ed anche il più resistente dei metalli può risultare inaspettatamente morbido e delicato!».
«Stai tranquillo, amico Orso...» rispose il Cervo «...non c’è pericolo, d’altronde tu mi conosci: sono alto, possente e forte nel mio corpo di acciaio!» scherzava il Cervo.
Ma in realtà, una vena di preoccupazione cominciava a ad insinuarsi nei pensieri del Cervo.
C’era infatti un segreto che il Cervo non aveva mai confidato a nessuno.
Al contrario dei suoi simili metallici, che avevano l’interno fatto di ingranaggi, molle, cinghie e pendoli tutti dello stesso materiale della parte esterna del loro corpo, il Cervo era diverso.
I suoi occhi non erano l’unica parte del suo corpo fatta di cristallo.
Tutto il suo interno, l’intero meccanismo, era una delicatissima seppur meravigliosa creazione di cristalli di vari colori e tipologie.
Infatti i Creatori nella fabbrica degli animali metallici quel giorno avevano sopperito alla mancanza di Acciaio donandogli un corpo esterno estremamente robusto composto da finiture di Acciaio di qualità eccezionale, ma utilizzando dei cristalli per la meccanica interna.
Ecco perché i muscoli e l’aspetto del Cervo erano tanto robusti: avevano lo scopo di proteggere parte dell’animale da urti e pericoli.
In particolare il Cervo era preoccupato per un minuscolo ingranaggio che ogni abitante di Nèasema aveva nel suo centro.
Era un ingranaggio piccolo e sottile, quasi ridicolo in verità.
Ma era importante .
Non si mette mai in funzione se non nel momento in cui un animale metallico trova un compagno od una compagna con cui sentirsi veramente affine.
Un cosiddetto «spirito gemello» per dirla nei termini degli abitanti di quel luogo.
A quel punto, quando un animale dà il permesso ad un altro, è possibile pronunciare le parole che erano, sono e saranno. Il Comando che ogni essere dell’universo conosce da sempre.
L'ingranaggio sarebbe andato al suo posto ed avrebbe cominciato a girare, incastrandosi perfettamente nel meraviglioso meccanismo che si trova dentro ogni abitante di Nèasema.
Esistono però Comandi e Comandi:se le parole sono pronunciate in modo non convinto od in modo errato possono rovinare l’ingranaggio per sempre. E parliamo di ingranaggi normali, figuriamoci quelli di cristallo!
Il Cervo pensò e ripensò alle parole dell’amico Orso.
Aveva sempre avuto paura di esporsi con altri animali in virtù del suo delicato segreto ed anche perché si era sentito sempre superiore ad un’esigenza così comune, quasi volgare, come quella dello spirito gemello.
Dopotutto lui era pur sempre l’unico Cervo d’acciaio dagli occhi di cristallo in circolazione in città!
Ma ormai con la Pantera sentiva di aver stretto qualcosa che andava oltre la semplice amicizia, e si chiese se quindi non avesse trovato il suo spirito gemello nei panni di un felino di pietra di due quintali con la passione per la Cultura all’aria aperta e gli Sport Antichi.
“Com’è strana la vita!” pensò, sorridendo.
Prese quindi la decisione di confidarsi con la Pantera durante il loro prossimo incontro.
D’altra parte anche la Pantera di Ossidiana aveva le sue preoccupazioni.
Anche le sue amiche la stavano mettendo in guardia.
«Stai attenta, ricorda che sei di un minerale molto tagliente!» le disse l’Aquila di Giada, appollaiata sul più alto faggio centenario della città mentre la Pantera la osservava oziosa dallo spesso ramo di una quercia pochi metri più in là «Lo sai che noi animali di pietra possiamo essere pericolosi anche quando non vogliamo. Finirai per rigarlo o addirittura per sfregiargli quei begli occhi di cristallo con un colpo della tua lunga coda! Se ti sei affezionata a lui dovresti veramente pensare bene a cosa fare!».
Pensieri cupi e preoccupazioni si agitavano nella Pantera mentre sconsolata si avviava con passo flemmatico verso il luogo dell’appuntamento con il Cervo ignaro.
Si trovarono all’ombra frastagliata di un grande salice, nei pressi del punto del loro primo incontro.
Il Cervo vide la Pantera strana, ma non ci fece caso.
Battendo gli zoccoli per terra con fare eccitato e oscillando il grande palco di corna che gli cingeva la testa metallica le raccontò dei suoi amici che lo mettevano in guardia, del suo “difetto” di essere fatto di cristallo nonostante l’apparenza robusta.
Le raccontò di quanto si trovava bene a parlare alla Pantera di tutti i mille argomenti che avevano affrontato in quei giorni insieme e che pensava che lei fosse il suo spirito gemello.
Ad ogni argomento la Pantera si incupiva e preoccupava sempre più.
Non solo erano animali di stirpi di materiali diversi, lui era anche fatto di cristallo! E parlava del Comando per l’ingranaggio dello spirito affine per di più!
Con la coda che frustava a destra e a sinistra dal nervosismo, la sua ansia aumentava a dismisura.
D’altronde si sa che gli animali di pietra sono duri e spigolosi, e non sono affatto delicati anche nel pronunciare le parole di Comando.
L’ingranaggio di cristallo del Cervo non avrebbe retto di certo, ed in fondo non si sentiva nemmeno pronta.
Dopotutto la storia dello spirito affine era anche per lei un affare per gente che aveva tempo da perdere.
Così, confusa da quello che provava ed insicura sul da farsi disse «Scusa, devo stare da sola per un po'». Fece un grande balzo dal ramo del salice sul quale si era arrampicata e sparì veloce dietro una collina.
Il Cervo restò lì. Immobile. Confuso, con una grande infelicità che gli montava dentro l’ampio petto fatto di bulloni e rivetti di acciaio inox grigio splendente.
Passavano i giorni ma la Pantera non si fece viva ed il Cervo era sempre più triste.
Pensava che era stato sciocco a fare quei discorsi alla Pantera.
Pensava che sarebbe stato meglio proseguire come stavano facendo, parlando di mille argomenti di loro interesse e godendo della compagnia reciproca senza pensare a stupidi ingranaggi di altrettanti stupidi Comandi da impartire.
Così il Cervo rimuginava e rimuginava camminando avanti ed indietro per i corridoi del suo dipartimento, con i grandi zoccoli che rimbombavano per tutto l’edificio tanto che gli altri animali quasi non riuscivano più a lavorare, e guardavano al loro amico preoccupati.
Poi un giorno il Cervo d’acciaio durante la pausa pranzo, andò ad abbeverarsi sulle sponde del ruscello di acqua di cometa, così come aveva fatto quella fatidica volta nel passato.
E trovò lì la Pantera di Ossidiana che lo aspettava.
Il Cervo si immobilizzò tendendo il lungo collo metallico, rimanendo vigile e pronto alla fuga come sotto l’incombere di un grande pericolo. Non sapeva cosa fare!
La Pantera si avvicinò in silenzio con il suo modo ondeggiante ed elegante tipico dei grandi felini.
Arrivata a pochi metri allargò le grandi fauci e pronunciò delle parole.
Gli occhi di cristallo cangiante del Cervo si allargarono e la Pantera non seppe mai se per sorpresa, gioia o dolore.
Nessuno degli animali della città di Nèasema vide mai più la Pantera di Ossidiana ed il grande Cervo d’acciaio dagli occhi di cristallo.
Alcuni pensano che siano spariti oltre le colline che cingono la città, andando ad esplorare i silenzi dello spazio senza confini.
Altri credono che la Pantera abbia fatto male al grande Cervo e sia scappata per la vergogna ed il dispiacere.
Altri ancora pensano che stiano visitando insieme la Terra come spiriti affini, affascinati e decisi ad esplorare da vicino gli argomenti di loro interesse direttamente nel Regno degli uomini.
Nessuno sa che fine abbiano fatto.
Ma nelle notti di primavera, dopo una giornata di pioggia, quando l’aria è così tersa e pulita che si possono sentire i latrati dei cani ed il canto degli uccelli notturni da lontanissimo; allora in quelle notti, se si presta particolare attenzione e si guarda il nero infinito del cosmo sopra di noi, tendendo l’orecchio se si è fortunati è possibile percepire un suono lontano e delicato.
Come quando si passa un dito bagnato sul bordo di un calice di cristallo.
Un suono sottile. Un suono debole. Un suono intermittente. Un suono affaticato.
Ma pur sempre un bel suono.
Bellissima favola, in cui emergono 2 elementi importanti: l'amore e la diversità! Bravo Silvio!!!