Rock 'n' Roll Star - Parte 2
- Silvio Di Virgilio
- 28 set 2020
- Tempo di lettura: 4 min
Aggiornamento: 30 set 2020
Mi sembra ieri, quella fatidica mattina.
Per quanto alcuni ricordi ad un certo punto diventano sfocati e confusi questi sono stranamente nitidi nella mia mente.
Avevamo lezione all’università. Giorgio ed io andavamo allo stesso istituto frequentando due facoltà diverse. Economia io ed Ingegneria lui, entrambi all’Università di Tor Vergata.
Spesso ci incrociavamo la mattina all’altezza della strada che da Castel Gandolfo, nei pressi di Roma, scende verso l’Appia, tappa obbligata per tutti i ragazzi che abitano nei Castelli Romani e che devono affrontare il classico su e giù dei pendolari verso la capitale, chi per studio chi per lavoro.
Andavamo spesso in auto separate: ognuno passava a prendere le rispettive ragazze per affrontare in dolce compagnia le lunghe code del traffico romano al cocente sole di Luglio.
Ero da poco passato a prendere Livia, ed ecco che scorgo la Fiesta nera, quella con l’inconfondibile fanalino posteriore sinistro rotto e mai cambiato, ferma al semaforo della provinciale che scende dolcemente dal crinale di Castel Gandolfo verso la più bassa via Appia, e ancora oltre, al GRA. L’incubo di ogni pendolare.
E’ una strada lunga e sinuosa fatta di rettilinei sotto alti pini profumati Le sue curve, pigre e dolci, sono in leggera pendenza e circondate da recinzioni di belle ville e palazzine d’epoca costruite sul fianco di quei colli che placidi si affacciano sul panorama immortale della Capitale.
Nelle giornate terse si riesce a scorgere anche il mare. Ho sempre amato la zona in cui sono cresciuto, la trovo bilanciata con i suoi paesaggi collinari che guardano alla città eterna arricchiti dalla contemporanea vicinanza al litorale.
Ogni volta che guidavo su queste strade, il paesaggio mi sussurrava quanto ero fortunato ad essere cresciuto qui.
A bordo della mia sgangherata Punto del 2001 mi affianco a Giorgio che, avendomi visto arrivare dallo specchietto retrovisore, ha il finestrino abbassato.
Già da qualche metro prima dell’auto di Giorgio posso percepire le note di uno dei nostri pezzi degli Oasis preferiti: Rock ‘n’ Roll Star.
- … i live my life in the cityyyyy, there’s no easy waay ooooooout, the day's moving just too fast for meeee …- le strofe sono urlate da Liam Gallagher con lo strascicato accento di Manchester che lo ha reso famoso e sembra quasi essere anche lui dentro l’auto di Giorgio da quanto è alto il volume.
Qualche anziano che passa lì accanto, quotidiano sottomano e basco in testa, si gira disturbato da quell’assalto mattutino di sano rock.
Sorrido. Sicuramente Maura, la ragazza di Giorgio, lo starà odiando in questo momento: detesta gli Oasis ed ancor di più essere al centro dell’attenzione.
«Buongiorno Giò! Sei di buon umore questa mattina» urlo da una macchina all’altra per sovrastare le note della band inglese che nel frattempo si lancia nell’iconico ritornello;
-...Toniiiiight I'm a Rock 'n' Roooll Staaar, toniiiight I'm a Rock 'n' Roooll Staaar …-
«Lo sai che questa canzone mi mette la carica!» mi grida di rimando mentre vedo Maura che, imbarazzata dall’attenzione di tutti gli anziani di Castel Gandolfo che sembrano essersi radunati intorno a noi nel frattempo, si porta una mano alla fronte scuotendo tristemente il capo.
E’ vero, quella canzone ci ha sempre messo la carica ed è stata la colonna sonora di tante serate da quando eravamo teeneger sino ad oggi, entrambi studenti universitari alle porte del mondo del lavoro.
«Facciamo che se arrivo prima io al semaforo dell’Appia mi paghi la colazione? A Maura ed a me ovviamente» quasi mi acceca col suo sorriso da birbante che gli ha sempre procurato le attenzioni delle ragazze.
«Ovviamente» rispondo, ed ingranando la prima mi lancio avanti una frazione di secondo in anticipo rispetto allo scatto dell verde.
Riesco a distanziare solo di pochi metri Giorgio che ha avuto il riflesso di partire quasi in contemporanea con me.
«Il maledetto non si fa fregare facilmente« penso con un ghigno di divertimento stampato in faccia.
Livia si tiene allo sportello un po' preoccupata «Stai attento per piacere! Lo sai che odio quando fate così!»
«Tranquilla, facciamo queste strade da sempre» nel frattempo imbocchiamo il primo dei tre lunghi tornanti separati da ancor più lunghi rettilinei dall’asfalto leggermente irregolare per le radici delle conifere secolari che segnano questo strada come sentinelle.
Faccio in tempo a notare che Giorgio mi sta attaccato a meno di una decina di metri, mettendo pressione e cercando il momento buono per un sorpasso azzardato, che ecco che imbocchiamo la seconda lunga curva.
Scalo marcia scendendo dalla sesta alla quinta...ed d’improvviso la sento.
Una sensazione strana, simile al galleggiare. Mi sento scivolare dolcemente su della panna montata.
Come se delicatamente ed inevitabilmente l’automobile, la mia fida Punto, avesse deciso di accompagnare Livia e me in un lento e suggestivo valzer sull’asfalto. In barba alle indicazioni che sto dando al volante la mia auto ha all’improvviso il forte ed incontrastabile desiderio di invitarci ad un giro di ballo.
E noi non possiamo farci un bel niente.
Come in un sogno mi volto incredulo verso Livia.
Lei mi guarda con quegli occhi nocciola in cui ero abituato a vedere solo divertimento e dolcezza quando era con me. Ora sono sgranati dalla paura e dal panico. Riesco a percepire anche rabbia verso di...me?
Come a dire: «Te l’avevo detto».
Dietro di lei al finestrino vedo il mondo ruotare. Il verde degli alberi a lato strada si muove veloce alternandosi al grigio dell’asfalto ed al nero della Fiesta di Giorgio che si fa più lontana.
Ricordo questo. Poi la sensazione di ribaltarsi. Al finestrino il grigio e il verde si alternano con l’azzurro del cielo.
Il boato.
Poi il buio.
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