Rock 'n' Roll Star - Parte Finale
- Silvio Di Virgilio
- 9 ott 2020
- Tempo di lettura: 3 min
Sono chiuso in una stanza.
La lampadina è spenta e la luce entra solo da un paio di lucernari rettangolari che danno sulla grande sala interna del locale, dove un centinaio di persone sorseggiano bevande gassate a contenuto alcolico. Alcune più alcoliche di altre.
Sorrido. ”Calorie sprecate”, come direbbe Laura. Non ha mai apprezzato l’alcool a sufficienza.
Faccio scorrere le mani veloci sulla chitarra accompagnando in perfetto tempo le note di Rock ‘n’ Roll Star degli Oasis riprodotta dal cellulare, così come Marco, il mio primo maestro di chitarra, mi aveva insegnato ormai otto anni fa.
“Ne è passata di acqua sotto i ponti”.
La riabilitazione. I successi e gli insuccessi. I denti stretti. Il duro lavoro ripagato. Il ritorno ad una quasi normalità cercata. Agognata. Meritata.
Le prime uscite con Laura.
I pensieri fluiscono leggeri quando si impugna il proprio strumento.
Il rito di suonare Rock ‘n’ Roll Stars prima di una serata mi accompagna da anni ormai. Aiuta a rilassarsi, a cercare il Vuoto.
«Percepisci il Vuoto. Cercalo, anelalo, sentilo arrivare, e quando lo troverai, ti sentirai in pace. Ti sentirai pronto». Erano queste le parole che Takezo aveva ripetuto diverse volte nel corso del tempo, pescate in chissà quale parte della sua filosofia della spada.
Le aveva ripetute anche quella sera, un’ora prima della primissima esibizione con il gruppo di Giorgio, al Geronimo’s Pub, alle porte di Roma.
E’ stata l’ultima volta che l’ho visto.
Mi manca quella rocambolesca e assurda presenza. Anche allora sapevo che, in fondo, mi sarebbe stato sempre vicino.
La porta si apre e Giorgio fa capolino. Mi vede e sorride «Ero certo che ti avrei trovato qui. Dai che gli altri stanno finendo di preparare gli strumenti. Oggi c’è la madre di Marco e sai quanto è nervoso quando vengono i suoi» si ferma un attimo allungando l’orecchio, poi tira fuori da recessi della sua giovinezza il sorriso sornione che lo caratterizza e per cui lo amo « Sempre gli Oasis eh?»
«Ormai è tradizione» gli rispondo alzandomi un po’ a fatica. La gamba destra non si è mai ripresa completamente, lasciandomi una zoppia che mi fa dolere la schiena ed intorpidire il quadricipite quando resto troppo tempo fermo.
Giorgio mi guarda incerto «Ti do una mano?».
Gli metto una mano sulla spalla mentre gli passo accanto, con la chitarra nell’altra
«Sai perfettamente che ce la faccio, ma grazie».
Arriviamo a bordo palco. Noto che c’è un sacco di gente stasera mentre faccio scorrere gli occhi sulla folla per cercare un volto conosciuto in prima fila.
Una lunga coda di cavallo tiene a bada capelli corvini tranne che per due ciocche ai lati del volto.
Come li ha sempre portati.
Due occhi cobalto si incrociano con i miei e labbra perfette sorridono solo per me.
«Ora che hai controllato se Laura è lì come al solito...possiamo salire sul palco?» mi chiede sghignazzando Giorgio mentre, imbracciato il basso, si avvia davanti a me.
Un po’ imbarazzato lo seguo. Vengo accolto dal calore del pubblico e semi accecato dai piccoli ma potenti riflettori del locale.
Faccio un cenno ai ragazzi della band che è tutto ok mentre mi avvio verso il mio sgabello.
All’improvviso però Giorgio mi chiama da dietro, mi volto interdetto «Hey Paolo, una cosa...non te l’ho mai chiesto ma…» fa un cenno con la testa alle sneakers senza lacci che mi sono sfilato dai piedi rapidamente mentre avanzavo sul palco «...perchè ogni tanto suoni senza scarpe durante le serate?».
Lo guardo, come stupito della sua domanda «Per sentire meglio la terra, ovviamente».
Lui mi guarda dubbioso, poi scuote la testa ed imbraccia il basso «Ovviamente…» ripete.
Sghignazzando mi giro per tornare verso il mio sgabello...ma un rapido movimento oltre Giorgio attira la mia attenzione.
Con la coda dell’occhio scorgo un hakama rattoppato grigio e bianco sparire nel backstage.
E’ solo un attimo. Un battito di ciglia. Una vibrazione veloce. Un fremito.
Poi guardo la folla, dove Laura mi aspetta emozionata. Guardo lo strumento nelle mie mani.
“Per sentire meglio la terra” pensa una voce nella mia testa.
Chino la testa e sorrido mentre il batterista dietro di me attacca con il primo pezzo della serata.
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