Swipe a destra - Parte I
- Silvio Di Virgilio
- 15 ago 2020
- Tempo di lettura: 6 min
Aggiornamento: 24 set 2020
“No” swipe a sinistra “No” swipe a sinistra “No...” swipe a sinistra “...no, nemmeno questa. Questa non ci penso neanche, questa...per l’amor di Dio!”.
Cerco di affogare la noia mentre maneggio compulsivamente lo smartphone davanti alla tastiera del notebook, semi nascosto nel mio angolo di open space.
E’ un vuoto pomeriggio qualsiasi di un lavoro da ufficio qualsiasi di un qualsiasi caldissimo giorno di un Luglio africano. Sono concentratissimo nell’attività chiave di tutte le mie giornate, tra le 17:00 e le 18:00, momento in cui infine “lascio cadere” la maledetta penna per evadere dalla prigione di vetro e acciaio in cui sono.
Scrigno di avidità piena di pinguini tutti uguali, impegnati a sgobbare davanti ai monitor per il successo di altri.
“Questa forse sì...mmm no, troppo “ragazza immagine”, poi non mi piace il naso” con un gesto secco, decisamente scocciato, faccio scorrere la foto di una ragazza con i capelli rossi di 33 anni che tiene in mano un cocktail in un delizioso vestito nero a tubino mentre con le amiche manda un bacio alla fotocamera. “Peccato, la rossa poteva quasi andare bene”.
Ormai sono un esperto di “Hearts”, l'app di incontri che da mesi è diventata come una droga per me. Me l’ha consigliata un amico, Francesco, quasi un anno fa ormai.
Mi sembra ieri: era il giorno della nostra partita settimanale di Squash.
«Provala, è una bomba! Bastano un po’ di foto, una descrizione accattivante...e bam» dice a tempo con il suo rovescio mentre si lancia già in posizione per intercettare il mio prossimo colpo.
«L’app ti fa vedere le foto dei profili di ragazze nelle tue vicinanze. Se ti piace la tipa, fai scorrere la foto profilo a destra, altrimenti a sinistra» dritto angolato con un leggero effetto, palla molto insidiosa.
«E poi? Che succede?» riprendo agilmente la palla con un dritto, mandandola in direzione opposta al doppio della velocità. Francesco, preso fuori tempo, si accascia con il fiatone, chinandosi sulle ginocchia. Parla sempre troppo quando gioca.
«E poi...» ansimando per respirare «...se ad una delle tizie cui hai fatto swipe a destra piaci ed anche lei ha fatto scorrere la tua foto a destra...» si rimette in posizione per servire «...allora è fatta!» batte la palla, servizio poco incisivo, lo riprendo facilmente con un secco rovescio arretrando sulla destra.
«Beh, quasi fatta: si apre un chat e puoi chiacchierarci...» ribatte la palla ma è impreciso dandomi così la possibilità di caricare un colpo ad effetto che non riesce a raggiungere.
«...quindi con la tua parlantina non avresti di certo problemi ad organizzare un appuntamento, oppure un aperitivo, un caffè...e poi chissà» si mette a ridere dandomi una pacca sulla spalla « Dai! Giacomo! Se ho rimorchiato io di sicuro te farai furore! Ti odiavo per questo al liceo!»
Ed era vero. Ho sempre avuto l’attenzione dell’altro sesso. Dopotutto mi reputo fortunato: alto sul metro e novanta, folti capelli neri, occhi verdi e fisico atletico. Il tutto condito da una discreta dote oratoria.
La ricetta perfetta per un bel cocktail di cuori infranti.
«Mmm non saprei...» commento mentre recupero l’asciugamano e mi siedo, bevendo un sorso d’acqua dalla borraccia.
«Dai che ti fa bene! Ti ho visto un po’ spento ultimamente su questo fronte» si siede accanto a me con l’asciugamano sulla testa.
Effettivamente dopo anni di divertimento nelle schermaglie del corteggiamento mi era venuto tutto un po’ a noia. Quel rito fatto di passi quasi predefiniti: l’amico che ti presenta, la cena con conoscenti in comune, il cinema...tutto così controllato.
Si era persa la scintilla che avevo all’università, o ancora meglio in Erasmus. Quando ogni sera era una scoperta di perfette sconosciute. Quando potevo dare il meglio di me senza il pensiero di essere giudicato da perbenisti che si frapponevano tra il sottoscritto e la “Caccia”. Così la chiamavo.
Però...se funzionava come diceva Francesco…
«...quindi l’App ti propone persone basandosi sulla distanza...non c’entrano amici in comune di altri social…?» avevo chiesto dubbioso.
«Esattamente così...» mi risponde sghignazzando da sotto il suo asciugamano, mentre se lo sfrega sulla testa «Esattamente così»
Avevo iniziato ancora incerto, ma ci avevo subito preso la mano.
I “match”, così vengono chiamati gli accostamenti di due persone che si piacciono sull'app, erano venuti veloci ed avevo organizzato rapidamente qualche appuntamento, andando spesso a segno...per poi scaricarle subito dopo senza tante storie.
Sentivo la scintilla in fondo allo stomaco che si riaccendeva.
Quella del gusto della caccia, di girare intorno ad un essere inconsapevole di quante maschere potessi indossare per ottenere quello che volevo.
Di quante bugie, di quante falsità.
C’era di nuovo il brivido di indossare mille pelli senza dover rendere conto a nessuno.
Una volta ero un medico chirurgo, in trasferta per un convegno. Un’altra un romantico appassionato di vela con una casa in Costa azzurra. Un’altra ancora un professore delle medie, con l’amore per l’insegnamento.
Bastava un po’ di attenzione con le foto sui social: un post in barca lì, un’escursione in montagna là. E puff: ecco servita la mia prossima identità.
Le possibilità erano infinite. La miniera inesauribile.
Certo, essendo di gusti difficili bisognava fare del lavoro di setaccio su quello che Hearts offriva.
E non perché cercassi modelle. No.
Il target perfetto era la ragazza di tutti i giorni. Quella carina il giusto da non essere troppo appariscente. Quella con lo sguardo un po’ timido, leggermente insicuro, con poca fiducia in sé stessa.
Vulnerabile.
Ed io ero attirato dalla vulnerabilità come uno squalo affamato dall’odore di sangue.
E come un grande squalo bianco feci le mie vittime. Ci prendevo gusto, di settimana in settimana, di flirt in flirt.
Poi accadde una cosa strana: trovai delle resistenze.
Anche con tutto il mio fascino, con tutta la preparazione ed il magnetismo che le mie identità suscitavano, alcune prede non cedevano.
Primo, secondo, terzo appuntamento. Niente.
Anche messe alle strette trovavano la forza di lottare.
Come ratti feriti spinti all’angolo da un gatto, non cedevano, riuscendo in qualche modo a svicolare.
Persi la pazienza in un paio di occasioni, divenendo più diretto. Molto più diretto.
Guadagnai solo una guancia rossa e gonfia.
La smania del risultato e l’ansia di incontrare tutte le ragazze che Hearts mi proponeva minavano la mia efficacia ed il mio charme con le ragazze.
La sicurezza del cacciatore cominciò ad incrinarsi, rendendomi insicuro anche di fronte a prede meno combattive.
Mi sentivo senza un backup, senza un “piano B” che mi aiutasse a ghermire il mio premio.
Poi mi venne in mente un’idea.
Mauro, il classico “amico di amici”, che aveva il vizio di trafficare in sostanze non proprio legali.
«Ho capito perfettamente il tuo problema amico mio...» mi disse sedendosi sul divano in un monolocale in città che affittava solo per “gli affari”, così li chiamava.
«Prova questa» mi disse spingendo un sacchettino di pillole colorate sul tavolino «Si chiama “Nube Rosa”, dà una bella “spintarella” alle donzelle. E’ innocua, a parte un po’ di confusione e mal di testa dopo che è finito l’effetto...» continuò sghignazzando. Poi, facendosi un ultimo tiro, spense la sigaretta nel posacenere in finto vetro e, d’improvviso, mi lanciò uno sguardo serio «...ma meglio così, no?»
Funzionò alla grande.
La fiducia nelle mie capacità predatorie era tornata quella di un tempo, rinforzata dalla mia arma segreta alla benzodiazepina.
Quando vedevo che non c’era niente da fare bastava attendere che la malcapitata andasse in bagno o si alzasse per fare una telefonata. A volte se ero abbastanza svelto, anche un attimo di distrazione era sufficiente per far scivolare la pillola nel cocktail.
Nube Rosa faceva il suo lavoro, invisibile, ineluttabile, dissolvendosi in pochi secondi.
Da lì in poi avevo massimo un’oretta per procedere nel trovare una stanza di albergo, o alle brutte, un posticino isolato dove divertirsi nel retro del mio SUV. Alle volte le vittime non erano propriamente coscienti...ma andava bene comunque per i miei scopi.
Una vera pacchia.
“Ehi, ciao!” eccola qui la fortunata della settimana “Biondina, occhi chiari, minuta, ma atletica e ben fatta” penso scorrendo le foto di un match che ho ricevuto sul finire della giornata di “lavoro”. Le immagini la ritraggono in diversi scenari, sembra una persona sportiva. Mi soffermo su una foto di lei in modalità escursionista, con lo sfondo di un sentiero roccioso che si arrampica su di un panorama mozzafiato.
La bionda, Marta è il suo nome, mi guarda con degli occhioni tra il dolce ed il vulnerabile che mi fanno correre un brivido lunga la spina dorsale. Mi precipito a leggere la descrizione del suo profilo.
- Ragazza normalissima, non cerco niente se non nuove amicizie… e poi chissà! Fisioterapista e Osteopata. Amante della natura e delle passeggiate. Preferisco sempre un aperitivo a lunghe chat, magari all’aria aperta! Non siate troppo cattivi con me, sono piccolina ( 1 metro e 60 ) XD ! -
Non siate troppo cattivi con me…”Perfetta” penso mentre comincio a scriverle, nascosto nel mio angolo di mondo in moquette e falso legno dell’open space.
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